La mostra, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, sarà a Palazzo Reale, Milano, fino al 31 gennaio 2010

Shunga: Arte ed Eros nel Giappone del periodo Edo

  Cultura e società   

Dopo il grande successo di “Samurai”, Palazzo Reale e la Fondazione Antonio Mazzotta affrontano nuovamente un’epoca d’oro della storia giapponese, il periodo Edo (1603-1867), presentando la più grande esposizione mai realizzata dedicata alle stampe giapponesi di soggetto erotico, gli Shunga, insieme con una selezione di preziosi Kimono e una altrettanto significativa scelta di antiche pitture di soggetto erotico, che permetteranno di contestualizzare ampliamente il tema in mostra.

La mostra è il risultato di una lungo lavoro condotto dal Museo delle Culture di Lugano, che ha ideato l’esposizione e coordinato la ricerca scientifica. La sua realizzazione è il frutto di una grande collaborazione tra il capoluogo lombardo e la città svizzera, dove la mostra si sposterà nell’autunno del 2010 e rientra nel programma “Milano-Mondo”, mirato a focalizzare le dimensioni internazionali della città e ad elaborare e proporre linee concrete di azione per la sua crescita nel panorama artistico globale in previsione di Expo 2015.

Gli Shunga, termine giapponese che letteralmente significa «immagini della primavera», sono opere a soggetto erotico considerate tra le più significative espressioni della corrente artistica dell’ukiyo-e. Create con la tecnica della stampa xilografica (dal 1791 anche policroma), esse raggiunsero la loro massima fioritura nel periodo dello shogunato dei Tokugawa, tra il 1603 e il 1867. Gli Shungaesprimono i valori del nuovo ceto borghese delle grandi città - composto da mercanti, artigiani e artisti, escluso dal potere politico, ma economicamente fiorente - con il quale si affermò in quegli anni una concezione edonistica dell’esistenza, in contrasto con la rigida morale neoconfuciana, sostenuta dalla classe guerriera dei Samurai che reggeva il governo centrale del Giappone.Questi cittadini offrivano un esempio di vita raffinata, ostentando il lusso, organizzando feste, frequentando i teatri e le case di piacere: così il termine ukiyo-e, che designava l’arte ispirata a tale genere di vita, diventa sinonimo di “moderno”, alla moda, esprimendo una sorta di filosofia incentrata sul gusto di un’esistenza piacevole e, per quanto possibile, appagante dei desideri personali. Superando i divieti e gli ostacoli del potere politico, gli Shunga si affermarono come componente fondamentale della produzione dei più importanti artisti del tempo come Harunobu, Koryusai, Kiyonaga, Utamaro e Hokusai. Furono molto apprezzati sia come stampe a se stanti, pubblicate generalmente in album di 12 fogli e destinate a un pubblico di amatori d’arte, sia come illustrazioni per libri erotici fruiti soprattutto attraverso le librerie ambulanti a prestito. Questi libri Shunga inoltre erano destinati all’educazione delle cortigiane e delle fanciulle che andavano spose, come utile vademecum per l´avviamento alla vita sessuale, oppure inseriti nei bauli dei guerrieri, per il loro potere di preservare dalla distruzione e di condurre alla vittoria. Gli Shunga furono espressione di un’ideologia che fece da contraltare visivo a una produzione letteraria piena di sensualità che si affermò con i cosiddetti “romanzi del mondo fluttuante”, fra i quali ricordiamo le opere dei celebri scrittori come Ihara Saikaku e Ejima Kiseki. Collezionate segretamente in Europa, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, dopo che il Giappone fu costretto ad aprire le sue isole alle navi straniere e agli scambi commerciali col mondo occidentale, esse furono motivo di ispirazione diretta di letterati e artisti della levatura di Zola, di Van Gogh, di Toulouse-Lautrec e di Klimt, e influirono in modo significativo sulla riflessione artistica nell´ambito dell´Orientalismo della fine del XIX e dell´inizio del XX secolo. Considerati per molto tempo immagini di carattere pornografico, nonostante il loro altissimo valore artistico, gli Shunga sono stati da più di venti anni rivalutati sia come espressione «alta» della cultura giapponese e specchio raffinato dei costumi del loro tempo, sia come uno dei vertici assoluti dell´espressione dell´eros nell´arte.

L´esposizione è allestita nelle sale degli appartamenti storici di Palazzo Reale e si articola in quattro sezioni di carattere, al contempo, tematico e cronologico.

In Giappone, le prime rappresentazioni di scene erotiche furono di carattere pittorico e risalgono all´epoca Kamakura (1185-1333). Si trattava per lo più di rotoli orizzontali di soggetto umoristico o di pitture destinate a decorare i pannelli scorrevoli (fusuma) che permettevano di dividere le stanze delle case di piacere. Durante il XVII secolo, dal rotolo di carattere narrativo si passò a singoli fogli dipinti, raccolti generalmente in album che componevano un assortimento di dodici diverse posizioni amorose, una per ogni mese dell´anno. Per quanto riguarda l´evoluzione del genere shunga, il percorso espositivo suggerisce quattro fasi: nella prima sezione (Sale 2 e 9) sono presentate le opere che vanno dalla prima metà del Seicento al 1760, che mostrano gli esordi tecnici e stilistici del genere e manifestano una fresca curiosità narrativa; nella seconda sezione (Sale 3-6), che riguarda il trentennio 1760-1790, l´accento è posto su alcuni artisti, come Koryusai, Kiyonaga e Shunchô, che furono capaci di declinare, in modo originale, e con un linguaggio ricco di citazioni letterarie, l´ideale femminile del loro tempo. Si tratta di opere delicate, dai colori tenui e dai tratti finissimi, in cui le cortigiane trascendono i loro ruoli, per elevarsi a icone muliebri che, per l´ovale dei loro volti, ricordano le bambole di porcellana; nella terza sezione (Sale 7 e 8) vi sono alcuni pregevoli risultati formali del sotteso studio psicologico dell´amore che ritroviamo nelle opere di Utamaro e dei suoi contemporanei che operarono nell´arco temporale che va dal 1790 al 1820. Sono opere di grande intelligenza formale, di ricerca del doppio senso e, a volte, di grande arditezza concettuale, opere dalle forme piene, corporee, in cui i segni distintivi della realtà, lungi dal sublimarsi, sono acutamente analizzati e interpretati; nella sezione conclusiva (Sale 10-11), che propone opere che vanno dal 1820 all´inizio del XX secolo, è affrontato il tema dell´amore affettuoso e provocante, che talvolta diventa passione e furore. Nelle opere di artisti come Hokusai, Kunisada e Kuniyoshi, interagiscono linee nervose e concitate che eccitano vivaci campiture cromatiche, inquadrando figure e scene di un erotismo aggressivo che precorre esteticamente i tratti decadenti della cultura giapponese dell´epoca Meiji (1868-1912).

Il percorso espositivo sarà costellato dalla presenza di kimono di squisita fattura, datati dal periodo Meiji (1868) al periodo Taisho (1960), provenienti dalla collezione romana “Antichi Kimono”. La presenza di questi abiti ci ricorda come la massima espressione dell’erotismo giapponese non sia costituita dal corpo nudo, bensì dalla nudità che trapela attraverso il rivestimento dell’abito.

L´esposizione, che si compone di circa 100 opere, 30 libri originali e 10 preziosissimi Kimono, presenta l’evoluzione degli Shunga dal loro momento formativo, che affonda le sue radici nella pittura di soggetto erotico, fino all’influenza che ebbero nell’arte realista del periodo Meiji di cui è la più alta espressione l’opera di Hashiguchi  Goyo (1880-1921). In mostra vi sono opere di tutti gli artisti più noti del genere shunga Harunobu, Koryusai, Kiyonaga, Utamaro, Hokusai e Schuncho.

L´esposizione è accompagnata da un catalogo delle Edizioni Gabriele Mazzotta curato da Marco Fagioli e Günther Giovannoni edito da Mazzotta, che contiene quattro saggi introduttivi, che affrontano il tema della pittura erotica, inquadrandone le motivazioni etiche ed estetiche e i necessari riferimenti alla storia e alla cultura del Giappone, e la riproduzione a colori di tutte le opere in mostra, corredate da scheda critica. Gli autori dei saggi sono Francesco Paolo Campione (Gli shunga fra anticonformismo ed eros), Marco Fagioli (Shunga: immagini erotiche del Giappone), Bonaventura Ruperti (Il gioco delle parole. Immagini, sensualità e umorismo nelle stampe dell´ukiyo-e), Marcello Ceccherini ed Enrico Giannini (Le tecniche, gli artigiani, i prodotti). Le schede critiche di Günther Giovannoni illustrano, in maniera sintetica ed esaustiva, i principali significati e i valori delle opere esposte, da un punto di vista tecnico, storico-critico, tematico e antropologico. Il volume si conclude con le biografie degli artisti in mostra e un Glossario dei termini giapponesi, entrambi a cura di Adriana Mazza.

Sulla scia del successo ottenuto dagli eventi collaterali di “Samurai”, e dalla parallela mostra sul web, anche questa iniziativa prevede un sito interattivo dedicato, nonché conferenze, incontri di approfondimento e una rassegna cinematografica al Cinema Gnomo di Milano.

Informazioni: INFOLINE 02.54918 - www.mostrashunga.it - www.comune.milano.it/palazzoreale - www.mazzotta.it.

Giovanni Scotti

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