Robert Rauschenberg: Gli oggetti abbandonati mi fanno simpatia e così cerco di salvarne il più possibile.
Il Fondo Ambiente Italiano (FAI), in collaborazione con
L’esposizione, a cura di Susan Davidson, Senior Curator, Collections & Exhibitions, Museo Solomon R. Guggenheim, e David White, Curator, Estate of Robert Rauschenberg, propone una selezione di trentotto opere provenienti da istituzioni e collezioni private internazionali che verranno esposte nelle Scuderie e nelle sale della Villa.
Dopo un tour internazionale che ha coinvolto importanti sedi quali il Guggenheim di Venezia, il Museo Tinguely di Basilea e il Guggenheim di Bilbao, l’esposizione di Varese è arricchita da un nuovo nucleo di otto opere.
L’iter della mostra non poteva concludersi che a Villa Panza: il grande collezionista e mecenate Giuseppe Panza, recentemente scomparso, infatti, è stato il primo in Italia a collezionare le opere di Robert Rauschenberg, iniziando ad acquistare i celebri Combines nell’estate del 1959 da Lawrence Rubin, Leo Castelli, Ileana Sonnabend e Martha Jackson. Quando Rauschenberg partecipò alla Biennale di Venezia nel 1964 vinse il Gran Premio per
Giuseppe Panza, 1987: Alla fine degli anni ‘50 ho acquistato Rauschenberg che considero un trait d’union tra l’Espressionismo Astratto e
Rauschenberg è sempre riuscito a scoprire nuovi modi di impiegare materiali recuperati donando loro una seconda vita che li rinvigorisce. E così, davanti agli oggetti più disparati, ammucchiati nel suo studio, impiega il medesimo approccio diretto per affrontare i Gluts
(1986 – 89 e 1991 – 95) assemblaggi di oggetti di recupero, la maggior parte in metallo, che rappresentano la sua ultima serie di sculture. Per circa un decennio, Rauschenberg si reca nella Gulf Iron e Metal Junkyard, discarica a Fort Myers, Florida, vicino alla sua casa-studio, raccogliendo ferraglie come segnali stradali, tubi di scappamento, radiatori, saracinesche e molto altro ancora, che pian piano trasforma in questi montaggi poetici e spiritosi, il cui risultato finale ha un effetto ben diverso dalla somma delle singole parti.
Susan Davidson, Senior Curator for Collections & Exhibitions del Museo Guggenheim di New York, a proposito dei Gluts, spiega che negli anni ‘80 Rauschenberg comincia a concentrare il proprio interesse artistico sull’esplorazione delle proprietà visive del metallo. Assemblando vari oggetti o serigrafando immagini fotografiche su alluminio, bronzo, ottone, rame, l’artista cerca di catturare le proprietà riflettenti, materiche e scultoree del materiale.
Il primo corpus di opere realizzato con questo nuovo tipo di tecnica sono i Gluts. L’ispirazione nasce da una visita a Houston in occasione della sua mostra Robert Rauschenberg, Work from Four Series: A Sesquicentennial Exhibition, realizzata presso il Contemporary Arts Museum. Proprio a metà degli anni ‘80 l’economia del Texas si ritrova nel mezzo di una recessione dovuta alla saturazione del mercato petrolifero. Rauschenberg prende nota della devastazione economica della regione raccogliendo insegne di distributori di benzina, pezzi di automobili abbandonate e altri rifiuti industriali dannosi per l’ambiente. Al suo ritorno in Florida, Rauschenberg trasforma i detriti raccolti in altorilievi e sculture che ricordano i suoi primi Combines. A chi gli chiese allora di commentare il significato dei Gluts, Rauschenberg rispose: E’ il momento dell’eccesso, l’avidità è rampante. Tento solo di mostrarlo, cercando di svegliare la gente. Voglio semplicemente rappresentare le persone con le loro rovine […] Penso ai Gluts come a souvenir privi di nostalgia. Ciò che devono realmente fare è offrire alle persone l’esperienza di guardare le cose in relazione alle loro molteplici possibilità. Rauschenberg sceglie questi oggetti non solo per il loro valore quotidiano ma anche per le loro proprietà formali. Individualmente o nel loro insieme, materiali come questi sono alla base del suo vocabolario artistico, la sua empatia per gli oggetti di scarto è quasi viscerale.
Info: www.fondoambiente.it.
Versione stampabileTorna