Al Museo della Permanente di Milano è in corso Contemporary Tales, la prima importante personale italiana dell’artista Elisabeth Strigini, francese di nascita, ma inglese d’adozione. Laureatasi in Medicina presso l’Università di Montpellier, in Francia, dopo aver lavorato un paio di anni nella ricerca clinica, la Strigini ha lasciato tutto per dedicarsi alla sua passione, la pittura. Vive e dipinge tra New York e Londra.
La mostra, ideata da Ottavia Landi di Chiavenna con il coordinamento organizzativo di Sara Mesiano e con la curatela di Chiara Gatti e Angelo Crespi, indaga la raffinata e introspettiva ricerca di Elisabeth Strigini. Fantasy, American Story e Portraits sono i tre temi che corrispondono ad altrettanti percorsi dipanati dagli oltre trenta lavori fra oli e tecniche miste su tela realizzate nell’ultimo decennio.
In esposizione si può ammirare anche l’opera dal titolo Binky, che rappresenta il Bambi disneyano, il più famoso cerbiatto dell’immaginario infantile e fiabesco, e che sarà poi donata ai bambini del reparto di pediatria dell’ Ospedale Fatebenefratelli di Milano, diretto dal Dott. Luca Bernardo.
Affascinata dai maestri del passato, dal Rinascimento italiano alla scuola fiamminga, Elisabeth Strigini è autrice di immagini dove ricordi infantili dialogano con atmosfere nordiche, citazioni da Bosch e Bruegel, con le sue indimenticabili nevi algide e silenziose, oltre a inserti spiazzanti ispirati al mondo dei cartoons, dei comics e della cultura massmediatica. Un cocktail di elementi che restituiscono la natura visionaria di una pittura colta e insieme vagamente underground, nella quale però l’uso di una tavolozza cupa, nei toni della polvere, della nebbia e del buio, allude a riflessioni inquiete sul destino dell’uomo, sui grandi temi dell’identità e della solitudine.
Il percorso della mostra è giocato sulla cultura popolare contemporanea riletta dall’esperienza interiore dell’artista le cui visioni accompagnano il visitatore in tre grandi stanze labirintiche, divise in altrettanti macro periodi, per toccare i motivi cari alla sua riflessione, come l’educazione, i massmedia, le guerre, la paura, la religione; fulcri della ricerca esistenziale di Elisabeth e del suo rapporto con la realtà odierna interpretata come una favola amara. L’obiettivo della mostra è, dunque, quello di creare, complice l’allestimento firmato da Peter Bottazzi, un sogno-visione che trasformi le immagini in una sorta di ipertesto surreale capace
Nella stanza denominata Fantasy prende vita il nostro mondo interiore più profondo e sincero. La memoria di Elisabeth è ispirata dalle fiabe dell’infanzia che narrano di castelli incantati immersi in atmosfere cupe vagamente angoscianti, popolate di cerbiatti, bambini distesi sull’erba e addormentati, paesaggi fatati dove tutto può accadere da un momento all’altro e dove, partendo da immagini del mondo reale si arriva a percepire lo splendido mondo ribaltato dei più piccoli attraverso gli occhi degli adulti e, di conseguenza, le opere pittoriche diventano la metafora di personali sensazioni infantili. Come in Castle del 2005 che sembra uscita da una delle tavole del mondo Disney immersa ora in uno scenario gotico.
American Story – Qui appaiono, in un contesto culturale assediato dai media di massa e dal flusso costante di immagini trasmesse via etere, la guerra e le pop-stelle animano le sue tele, facce inquietanti di un mondo dai valori instabili. Nel suo studio
Portraits - Questo periodo coincide con i viaggi continui da un continente all’altro durante i quali l’artista ha cominciato a progettare ritratti immaginari e autoritratti fantasiosi nei panni di personaggi sospesi fra attualità e suggestioni cinematografica. Ragazze cattive, Bond-girl armate di fucile come eroine o terroriste. Il suo orizzonte si allarga qui a citazioni classiche, dai pittori del Rinascimento, come Jan Van Eyck, a Raffaello, ad Albrecht Dürer e Hans Holbein il Giovane fonte della sua ispirazione in effigi dalla forma classica e l’anima attuale. Ora Elisabeth dipinge con dovizia particolari delicati del viso, come nell’opera GP del 2010, dedicata all’artista performer Grayson Perry, dove la linea tratteggia espressioni gentili su una stazza solida. Ironia e inquietudine insieme non mancano nell’opera (una vera dark tale!) Serial Hairdresser, il ritratto gotico di un parrucchiere pericoloso, dipinto con la grinta neo espressionista di scuola freudiana. Ma la sua vocazione fantasy sboccia anche in questa serie di ritratti sinistri, quando Elisabeth nasconde se stessa nel costume giocoso di un Teletubbies, e farcisce megaritratti allegorici di simboli rubati ai magazine, alla tv, zeppi di suggestioni filmiche e messaggi subliminali che si mescolano con garbo e sarcasmo, per svelare un racconto attuale di cui, alla fine lo spettatore scopre d’essere protagonista.
La mostra è accompagnata da un volume edito da 24 ORE Cultura in edizione bilingue italiano/inglese, introdotto da testi critici di Angelo Crespi e Chiara Gatti, curatori della mostra, Guy Lesser, scrittore e giornalista, e Gauthier Hubert, artista belga che lavora con installazioni e dipinti.
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