Quinta edizione dal 28 novembre al 1° dicembre

Simposio Europeo di Chirurgia estetica del seno

  Salute  

Dal 28 novembre al 1° dicembre ha avuto luogo il V° Simposio Europeo di Chirurgia estetica del seno Aesthetic surgery of the breast Safe surgical approach Non invasive and minimally invasive surgical treatments Fifth European Symposium, lo storico appuntamento annuale per gli Esperti provenienti da tutto il mondo che alterna ogni anno gli argomenti di chirurgia estetica e ricostruttiva. Durante l’edizione del 2012, per quattro giorni, oltre 300 illustri specialisti della comunità scientifica nazionale ed internazionale si sono confrontati sulle ultime tecniche della chirurgia estetica della mammella, della face rejuvanation, del body contouring, su i veri rischi della chirurgia estetica, su come ottenere un buon risultato seguendo un percorso a 360 gradi: pre operatorio, chirurgia tecnica e algoritmo, post operatorio e follow up.

Da dati recenti risulta che su circa 300.000 visite interlocutorie per interventi estetici al seno solo 10% (in America tale percentuale è vicina al 50%), si conclude in effettivi interventi, secondo una survey condotta da company produttrici di protesi. Di questi interventi il 26 % viene ripetuto non per sopraggiunti problemi, ma per insoddisfazione della paziente sul risultato estetico raggiunto. Il desiderio di cambiamento e l’insoddisfazione del proprio essere spesso si riversano all’esterno, cercando di modificare il proprio corpo. Il risultato però sarà deludente perché la decisione di farsi operare è nata da un momento di smarrimento, senza considerare i rischi che un intervento chirurgico, anche se estetico, comporta.

La chirurgia plastica estetica non è uno strumento per guarire, ma per migliorare una disarmonia. - spiega il dottor Maurizio Nava, Presidente del Simposio e Direttore dell’ Unità di Chirurgia Plastica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano - Per questo il dialogo con la paziente deve essere molto chiaro, realistico ed approfondito. Non bisogna creare delle false aspettative, ma dire con estrema franchezza i risultati ottenibili e le possibili complicanze. Durante la visita, che non può durare meno di 40/50 minuti, il chirurgo proporrà le modifiche sul piano estetico e “artistico” che possano garantire il risultato più adeguato. Solo a questo punto si arriverà alla scelta della tecnica chirurgica più idonea (mastoplastica additiva e riduttiva, mastopessi, dual-plane) e in caso di protesi, il tipo più adatto e il conseguente posizionamento. In questo momento la donna e il chirurgo sono una squadra e se la squadra è debole, il risultato sarà povero e deludente” e devono trovare un “linguaggio comune.

Per affrontare al meglio questo importante passo il dottor Nava e la scrittrice Giuseppina Torregrossa, stanno ultimando un libro, di prossima pubblicazione: Col SEN(N)O di poi, che vuole essere un ausilio alla paziente per chiarire le proprie aspettative, i timori e per affrontare con più coscienza la scelta del chirurgo e gli incontri pre e post operatori. Il libro raccoglie i diversi percorsi dell’intervento chirurgico al seno che vengono descritti specularmente: sia dal punto di vista della paziente, sia del medico. I casi descritti sono storie reali di donne di età e livello culturale molto diverso. Questo libro vuole aiutare le donne in una scelta più consapevole conoscendo quello che devono sapere e chiedere, durante la visita.

Anche la preparazione del chirurgo è importante e i più giovani possono trarre vantaggio dall’impiego del nuovo “Mastotrainer”, disegnato dal dottor Marcos Lyra e sviluppato da Pro Delphus e per quale il dottor Nava, insieme al dottor Alberto Rancati, stanno progettando nuove forme per tutta la chirurgia della mammella; si tratta di un device con la forma di un busto femminile composta da una resina sintetica chiamata Neoderma che simula il tessuto umano. Viene utilizzato insieme a un gruppo di polimeri che permette la duplicazione al tatto di diversa consistenze che vanno dal muscolo all’apparato scheletrico, alla cartilagine, alle ghiandole comprese cisti, tumori e masse di diversa densità.

Le prime protesi mammarie furono prodotte e impiantata nei primi anni ’60 e furono frutto della geniale intuizione del chirurgo americano Thomas Cronin. Erano protesi di forma rotonda, con una spessa parete liscia in silicone coesivo, con pessimi risultati; qualche anno dopo si è passati a protesi alla parete sottile e a silicone a bassa coesività e contenenti un gel di silicone molto fluido, ma purtroppo con complicanze altissime. Molte anche le leggende metropolitane sulle protesi, come quella che potevano scoppiare in volo. Questa notizia aveva generato panico in molte donne portatrici di protesi, senza che sapessero la verità: le protesi sono costruite principalmente in Costa Rica e vengono trasportate in tutto il mondo. Se questa storia fosse stata vera, sarebbero scoppiati non solo gli impianti, ma anche gli aerei in volo! La tecnologia con gli anni ha permesso lo sviluppo di impianti di quarta generazione che contengono gel di silicone ad alta coesione. Le più recenti sono le protesi di quinta generazione con un gel di silicone ancora più coeso. - dice il dottor Nava - Oggi sono disponibili 15 forme anatomiche per un totale di oltre 300 tipi di protesi di diverso volume e consistenza. A seconda delle caratteristiche della mammella, delle dimensioni del torace e delle aspettative della paziente, è possibile utilizzare una protesi più piena nella porzione superiore, più o meno proiettata, più conica oppure dalla consistenza più morbida. Le ultime arrivate, concave posteriormente, con i margini molto sottili ed una dolce curvatura superiore, permettono risultati eccellenti e, per le loro caratteristiche, sono indicate soprattutto nelle giovani.

Prima dell’intervento la paziente dovrebbe avere la possibilità di vedere e toccare le protesi, di ricevere il libretto informativo relativo che ogni ditta fornisce e di poter pagare la protesi direttamente alla ditta. Questo permette una trasparenza assoluta ed evita situazioni imbarazzanti come successo per le protesi PIP. Dopo l’operazione il chirurgo dovrebbe dare alla paziente un cartellino con tutte le informazioni riguardanti le caratteristiche delle protesi: casa produttrice, numero di serie, posizionamento in sede retro ghiandolare o retro muscolare …. Poiché le protesi devono essere impiantate nel proprio corpo è bene usare prodotti di qualità eccellente, anche se il loro prezzo sarà più alto di quelli a buon mercato, ma di dubbia affidabilità.

Le protesi al silicone sono sicure e ampiamente diffuse, ma la prudenza non è mai troppa, soprattutto dopo il caso delle protesi Pip  (della ditta francese Poly Implant Prothese) che si rompevano con facilità. Da anni la FDA (Food and Drug Administration) ha proposto l’istituzione di un registro nazionale degli impianti mammari riempiti con gel di silicone per seguire le donne che, per malattia o estetica, si sono sottoposte all’operazione, almeno per dieci anni dal momento dell’intervento. Finora a raccogliere i dati di follow-up degli interventi sono le due società che producono gli impianti mammari, Allergan e Mentor, come richiesto dalla FDA Americana, e siamo in attesa di dati consistenti. Dall’esperienza americana l’idea di un registro nazionale degli impianti protesici, non legato ad alcuna azienda, che avrebbe consentito di raccogliere dati più facilmente al fine di monitorare nel tempo la sicurezza degli impianti protesici. Tale registro è stato presentato dal dottor Nava nel 2001; tutto era stato definito nel minimo dettaglio con parere positivo anche dall’Avvocatura dello Stato per i dati sensibili: erano pronte schede di impianto ed espianto, tutto a costo contenuto, ma caduto il Governo non se fece più niente e tuttora si è in attesa. Il dottor Nava, con tutta la relativa documentazione, è a disposizione dell’attuale Ministro per rivedere il progetto.

L’intervento più richiesto per il seno è la mastoplastica additiva, che risulta essere il primo intervento in chirurgia estetica, ovvero l’aumento del seno che si ottiene inserendo in una tasca ricavata nelle mammelle, una coppia di protesi al silicone. La mastoplastica riduttiva, invece, è un intervento più complesso che consente la riduzione del volume del seno, ma in alcuni casi può lasciare cicatrici permanenti. Infine la mastopessi o autoprotesi che consente di risollevare un seno “ptosico”, che è sceso notevolemente. E’ una condizione che si verifica in donne dopo l’allattamento, in seguito a un forte dimagramento, o semplicemente per gli anni che passano. Il tessuto mammario viene risistemato e posizionato al di sotto della ghiandola proprio come si trattasse di una protesi, l’areola posizionata più in alto e il tessuto cutaneo in eccesso viene eliminato, in questo modo la consistenza del seno migliora notevolmente. “Per pianificare al meglio l’intervento il chirurgo segue un algoritmo che consiste in diverse misurazioni del seno e del torace, della valutazione dello spessore e tonicità della pelle, della condizione della ghiandola mammaria”, precisa il dottor Nava. “Le incisioni cutanee sono di tre tipi: sottomammaria, periareolare e ascellare. Il primo caso è la via più facile e non lascia tracce visibili perché si riesce a nascondere l’incisione esattamente nel solco. L’accesso areolare si mimetizza abbastanza bene, ma non è indicato per le donne con areole piccole e nel caso di protesi voluminose. L’incisione ascellare è possibile solo se si usa l’endoscopia altrimenti è pericoloso, le protesi però devono essere piccole.

Le tecniche di posizionamento sono tre: dietro la ghiandola mammaria, dietro il muscolo pettorale e la dual plane. Nel primo caso la protesi è sotto il tessuto ghiandolare e sopra il muscolo pettorale. Nell’altro caso, invece, la protesi viene posizionata dietro il muscolo pettorale, quindi è coperta dal muscolo e dalla ghiandola mammaria La tecnica dual plan, la via di mezzo, consiste nell’inserire la protesi sotto il pettorale nella parte superiore e sotto la ghiandola in quella inferiore, ottenendo così i vantaggi di entrambe le tecniche. Per la mastoplastica additiva, se non si verificano complicazioni, si può attuare il “fast recovery”: la paziente entra al mattino ed esce alla sera, o il giorno dopo, con una medicazione sulla ferita, senza bendaggi e con il proprio reggiseno”.

Le “frozen face” non sono più di moda, la maggior parte delle persone vuole il ritocco naturale, il cosiddetto effetto “french touch”. Il botox è stato uno dei principali responsabili di quell’effetto di immobilismo, ma dal 1989, anno della prima approvazione ufficiale negli USA della tossina botulinica per lo strabismo, il blefarospasmo e i disordini neuromotori del facciale, molte cose sono cambiate. «Confermata la sicurezza medica da oltre 133 studi condotti per 14 anni, ora si è arrivati al botox di seconda generazione», dice Massimo Signorini, specialista in chirurgia plastica a Milano. «La nuova tossina botulinica ha diversi plus: l’effetto si vede dopo 24 ore rispetto ai 4-5 giorni del precedente, la sua durata è oltre 5 mesi contro i normali 3-4 mesi e distende i solchi mantenendo un’espressività naturale. Da ricordare che il botox non crea volume, ma distende le rughe. Le sue applicazioni? Solchi glabellari (le rughe tra le sopracciglia), quelli della fronte (le rughe del pensatore) e le zampe di gallina”.

La chirurgia estetica non deve alterare i lineamenti, ma migliorarli, altrimenti si corre il rischio di perdere la propria identità. C’è un confine ben definito tra il migliorarsi e lo stravolgersi. Una signora di 50 anni ne può dimostrare quaranta, ma non trenta, altrimenti diventa ridicola. La nuova tendenza è quella di andare incontro a una bellezza quotidiana che ricorre a tanti mini interventi progressivi mirati a eliminare rughe e segni della pelle giorno dopo giorno. - continua Nava - Il consiglio è quello di cominciare verso i 35-40 anni in modo da arrivare al traguardo dei 50 anni già in un discreto livello di “manutenzione. Per raggiungere questo obbiettivo abbiamo diverse possibilità: i filler di ultima generazione che possono durare anche un anno, la radiofrequenza, il laser frazionale e le creme di bellezza. Per i cosmetici non occorre spendere cifre folli, ma saper scegliere la texture con gli attivi più potenti, quali: Stay C, molecola di ultima generazione, più stabile e meno irritante dell’acido ascorbico; Nutrilayer, un attivo derivato dalla crusca di riso, con un’azione antiossidante e ristrutturante, grazie anche ai tocotrienoli e tocoferoli che inibiscono l’ossidazione indotta dalla luce. La concentrazione però deve essere minimo del 10-15%, dosaggi inferiori sono inefficaci. Un altro attivo interessante è l’acido Lipoico, vitamina liposolubile che agisce come “scavenger” sui radicali liberi. L’Argireline, invece, è un esapeptide miorilassante che riduce la profondità delle rughe, mentre il Trealosio, un mix di zuccheri, aumenta la riserva d’acqua della pelle. Infine le cellule staminali vegetali che combattono il crono invecchiamento e preservano l’attività delle cellule staminali endogene.

Un fascio di luce e gli inestetismi cutanei spariscono in breve tempo. Il laser (light amplification by stimulated emission of radiation) è sempre più usato sia in medicina estetica. Uno dei più innovativa è il Laser Frazionale P 1540 che permette il rinnovamento cutaneo, con minimi effetti collaterali. E’ utilizzato principalmente per trattare le rughe del volto, gli esiti cicatriziali da acne, i melasmi e cloasmi. Inoltre permette di ridurre i pori dilatati e di migliorare la compattezza cutanea.

La Radiofrequenza, sia per il viso sia per il corpo, a differenza di altri strumenti in commercio, è molto efficace e a volte può bastare anche una sola seduta! “L’azione della radiofrequenza è quella di riportare il collagene ad una situazione più naturale”, spiega Nava. “ In altre parole, con l’invecchiamento cutaneo il collagene si allunga e la cute cede. La radiofrequenza, tramite il calore, accorcia il collagene creando un effetto “lifting”. Anche in questo caso esistono diverse fonti di radiofrequenza, ma solo alcune con particolari caratteristiche e potenze danno un vero effetto di tightening, ovvero la retrazione cutanea”

Tra le novità made in Usa c’è la Stazione P., di una nota azienda americana specializzata in laser;la piattaforma offre diversi tipi di device con più sistemi integrati per le diverse applicazioni estetiche, quali: fotoringiovanimento, epilazione, trattamento di lesioni pigmentate e vascolari. E’ importante capire che non esiste un laser per tutte le stagioni, ma ogni alterazione ha il suo laser dedicato.

Body Contouring: Soft Lipo o Lipolaser - Una metodologia poco invasiva e molto efficace per trattare adiposità localizzate (interno cosce, ginocchia , braccia) e che da ottimi risultati sul rilassamento cutaneo. Si agisce direttamente sugli adipociti utilizzando una piccola canula che scioglie progressivamente il grasso dove è necessario portando per brevi istanti la temperatura a 65°. A questa temperatura inizia la denaturizzazione dell’adipocita. L’espulsione degli accumuli di grasso trattati avverrà attraverso i trigliceridi, garantendo minori rischi di ematomi ed effetti collaterali.

Significative la riduzioni delle aree trattate, volume del grasso ridotto dal 17 al 25% a tre mesi, retrazione dei tessuti, diminuizione dell’effetto "buccia d’arancia" nelle pannicolopatie localizzate, risultati progressivi sulla retrazione tissutale a 6 mesi. La strategia vincente è quella di fare terapie integrate: per esempio si può associare la lipo laser per eliminare gli adipociti e la radiofrequenza per il tightening cutaneo, oppure se le zone su cui intervenire non sono estese, la radiofrequenza e gli apparecchi elettromedicali che possiedano una potenza di almeno 60 watt.

Info: Scuola di Oncologia Chirurgica Ricostruttiva – Presidente: dott. Maurizio Nava – Via Besana 4, 20122, Milano – info@scuolaocr.com.

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