Il film è un’esclusiva per l’Italia Feltrinelli Real Cinema, che lo distribuisce in sala dal 6 dicembre 2012, e in homevideo nella primavera 2013

Diana Vreeland - imperatrice della moda

  Cultura e società   

Uno splendido lavoro girato da Lisa Immordino Vreeland con passione  e con profonda partecipazione e conoscenza del personaggio. DIANA VREELAND: L’IMPERATRICE DELLA MODA è insieme il ritratto intimo e la vibrante celebrazione di una delle donne più influenti del XX secolo; un’icona duratura la cui influenza ha cambiato per sempre il volto della moda, della bellezza, dell’arte, dell’editoria e dalla cultura stessa.La vita di Diana Vreeland percorre tutto l’arco del Novecento, toccando momenti simbolo del secolo breve – dalle due guerre mondiali ai voli di Lindbergh, dal romanzo di Edward e Wallis alla presidenza Kennedy, al terremoto giovanile della contestazione – e luoghi simbolo della cultura e del costume, dalla Parigi della Belle Epoque alla New York dei ruggenti anni ’20, alla Swinging London degli anni ‘60.

Diana Vreeland (1903-1989) è stata la più grande arbiter elegantiae del Novecento, capace – durante i suoi 50 anni di regno come “imperatrice della moda”, prima dalle pagine di Harper’s Bazaar, poi da quelle di Vogue America, quindi come direttrice del Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York – di abbagliare il mondo con una visione unica dello stile. Ha lanciato Twiggy, consigliato Jackie O, assistito all’invenzione del bikini e all’avvento del blue-jeans.Tutto ha inizio durante la Belle Epoque: il modernismo, l’Art Nouveau, i Balletti Russi e l’alta moda. Diana è affascinata dagli eccentrici personaggi pieni di glamour del periodo che sfilano nel salotto dei suoi genitori a Parigi. Ma la sua infanzia è anche segnata dal rapporto privo di amore con sua madre: “Fui sempre il suo brutto mostriciattolo”, ricordava Diana. Con l’inizio della Prima guerra mondiale la famiglia torna in America. Diana, obbligata a parlare in inglese, comincia a balbettare e ad avere problemi con la scuola. Fino ad abbandonarla, trovando rifugio nella danza, una vera passione.Insicura del proprio aspetto fisico, Diana non se ne cruccia mai, iniziando invece a creare un mondo nel quale stile, originalità e allure sono i valori supremi. Inventa per se stessa un personaggio luminoso che abbraccia ogni momento della vita come un’avventura, dall’incoronazione di Giorgio V alle cavalcate con Buffalo Bill in Wyoming. A diciannove anni cattura il cuore di uno degli scapoli più ambiti del tempo, Reed Vreeland – l’uomo “più affascinante, sconvolgente, spettacolare”, come lo definirà più tardi. Insieme si trasferiscono a Londra inaugurando una vita ricca di viaggi romantici in giro per l’Europa sulla loro Bugatti coupé: Parigi, Budapest, Vienna, Roma. È in questi anni che Diana coltiva il proprio amore per l’alta moda diventando amica di tutti i couturiers di Parigi.L’inaspettata carriera nella moda di Diana inizia al suo ritorno a New York nel 1936 quando Carmen Snow, la direttrice di Harper’s Bazaar, nota ad una festa il suo stile unico. Diana è assunta come redattore di moda della rivista e diventa famosa per la sua rubrica provocatoria “Why don’t you…?” (Perché non…?) che sfida i lettori ad aprire la propria immaginazione e a vivere i propri sogni: “Perché non sciacqui i capelli biondi di tua figlia nello champagne per mantenerli dorati?”, oppure “Perché non metti un copriletto di pelo di scimmia bianca su del velluto giallo?”.Attraverso la sua rubrica e i servizi fotografici Diana trasferisce alla rivista la propria sorprendente attitudine per la bellezza. Scriverà il grande fotografo Richard Avedon, che la chiamava affettuosamente la sua “pazza zia”: “Diana era e rimane l’unica redattrice di moda geniale”.Dopo venticinque anni ad Harper’s Bazaar Diana dà le dimissioni e si insedia come direttore a Vogue. Sono i favolosi anni Sessanta, quando – come avrebbe detto Diana – “potevi avere una gobba sul naso e non faceva alcuna differenza fintanto che avevi un corpo meraviglioso e un gran portamento”. La rivista vive i suoi anni d’oro, diventa l’avanguardia di una rivoluzione culturale, ospita servizi di moda, arte, musica e film: un periodo nuovo ed eccitante nel quale le modelle hanno una personalità e la moda parla a tutte le donne. Con la sua silhouette inconfondibile, i capelli corvini e la voce unica, Diana diventa una leggenda vivente, il suo famoso salotto rosso – “un giardino all’inferno” – è il quartier generale dell’arte e della società newyorkesi. Diana ha finalmente trovato un’epoca adatta alla sua immaginazione viva e selvaggia.Poco dopo la morte di suo marito Diana viene inaspettatamente licenziata da Vogue nel 1971, decisione che mette sottosopra il mondo della moda. Nonostante l’amarezza (si dice che fosse così sconvolta da restare a letto per un anno intero) Diana è ben lontana dall’essere “all’ultimo giro”. Nel 1972, a settant’anni, inizia a lavorare al Costume Institute del Metropolitan Museum, dove stabilisce dei nuovi standard mondiali per le mostre di moda, risvegliando un’istituzione da sempre “sonnacchiosa”. Come una regista, crea set nei quali dar vita alle sue fantasie: un approccio controverso, più teatrale che storico, criticato da alcuni ma premiato dal successo delle mostre. D’altronde in tutta la sua vita Diana ha mescolato realtà e fantasia, arrivando a raccontare che Charles Linberg avesse volato sopra il suo prato a Brewster mentre andava a Parigi. A chi le chiedeva se l’aneddoto fosse “fact or fiction” (fatto o finzione), rispondeva: “Faction”!Diana Vreeland è stata per la maggior parte del XX secolo un oracolo della moda: attraverso il suo sguardo ha aperto le porte della mente a più di una generazione. Come disse una volta Jackie Onassis: “Dire che Diana Vreeland ha avuto a che fare solo con la moda è banalizzare ciò che fatto: ha commentato il suo tempo in maniera saggia e arguta. Ha vissuto”.

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