La denuncia di allarme parte dagli oculisti italiani

Occhi: degenerazione maculare senza cura

  Salute  

In Italia 200 mila persone sono a rischio di cecità o se andrà bene metà di loro potranno ancora vedere mentre il resto potrà solo sentire alla radio i commenti delle partite di calcio, condannati a non vederle più come prima.E’ questo l’allarme che la Società Oftalmologica Italiana lancia in occasione della presentazione del libro bianco di denuncia sul trattamento della degenerazione maculare senile, una malattia che colpisce 1 persona su 3 dopo i 75 anni. Chi ne è affetto si trova a subire una tale riduzione della capacità visiva da non riuscire più a leggere un banale estratto conto bancario.Ma permettere a queste persone  di vedere le partite si può e si deve. Fino a sei anni fa non esistevano cure per questa malattia gravemente invalidante ma, improvvisamente e casualmente, si scoprì che un farmaco utilizzato per la cura del cancro del colon - l’Avastin - aveva effetti positivi sull’evoluzione della maculopatia nei pazienti che oltre alla presenza del tumore del colon soffrivano anche della impegnativa malattia oculare.Da quel momento Avastin venne utilizzato in tutto il mondo. Ed ancora oggi viene utilizzato su milioni di pazienti.Oggi, però, ci sono circa 200.000 pazienti che non hanno più diritto di accesso a questa cura primaria: questo in seguito a delle difficoltà di impiego di Avastin che si sono sorprendentemente venute a creare solo nel nostro Paese

“Vogliamo fare chiarezza una volta per tutte - afferma Matteo Piovella Presidente della Società Oftalmologica Italiana - Ed è per questo che abbiamo redatto un documento di denuncia e di indicazioni che abbiamo sottoposto alle principali Associazioni di consumatori italiani quali Adiconsum e  Altroconsumo.

Appoggiamo l’iniziativa della SOI  a tutela dei pazienti affetti dalla maculopatia – dichiara Pietro Giordano, Segretario Generale Adiconsum – Chiediamo all’AIFA di attivarsi e di fare chiarezza al più presto, perché in gioco c’è la salute di 200.000 pazienti.

 

Milano, 5 febbraio 2013. Se tu fossi uno dei 200 mila italiani che senza un farmaco sono a rischio di cecità che faresti? E’ questa la domanda che si sono posti gli oculisti italiani a cui hanno immediatamente dato risposta con un libro di denuncia .E’ stato infatti presentato oggi al Circolo della Stampa di Milano il documento di indicazione e trattamento della degenerazione maculare senile, il primo libro bianco che farà chiarezza su questa importante malattia che colpisce 1 persona su 3 dopo i 75 anni. Per comprendere la diffusione di questa patologia, si pensi all’ultimo derby Milan/Inter e alle decine di migliaia di spettatori seduti nello stadio: la metà degli spettatori presenti all’incontro perderanno la visione centrale una volta raggiunti i 75 anni d’età.

Fino a sei anni fa non esistevano cure per questa malattia gravemente invalidante ma, improvvisamente e casualmente, si è scoperto che un farmaco utilizzato per la cura del cancro del colon - l’Avastin - aveva effetti positivi sull’evoluzione della maculopatia nei pazienti che oltre alla presenza del tumore del colon soffrivano anche della impegnativa malattia oculare.

Da quel momento Avastin venne utilizzato in tutto il mondo. Ed ancora oggi, ad eccezione della sola Italia, viene utilizzato su milioni di pazienti: un utilizzo off-label in quanto l’uso dell’Avastin era stato approvato per la cura del tumore al colon e l’utilizzo per la maculopatia non era specificatamente contemplato nel suo foglietto illustrativo. La rilevanza scientifica dell’Avastin  ha indotto, addirittura, la FDA americana a ridurre il percorso temporale di osservazione normalmente adottato prima di poter utilizzare un farmaco, in modo da garantire alla popolazione l’accesso a questa cura in quanto unica ed insostituibile per efficacia terapeutica. Una recente survey di Retina la rivista scientifica più importante al mondo nel campo delle malattie oculari della retina conferma che 9 oculisti su 10 in tutto il mondo utilizzano normalmente Avastin.Oggi, però, ci sono circa 200.000 pazienti che non potranno più accedere a questa terapia.Vediamo perché.Dopo tre anni dalla scoperta dei vantaggi connessi all’uso di Avastin, l’azienda titolare Genentech produce un così detto “farmaco clone o gemello” di Avastin , chiamato “Lucentis” e ne concede la commercializzazione extra USA all’Azienda Novartis la quale immediatamente provvede a far approvare per il Lucentis (clone di Avastin) l’indicazione per la cura della maculopatia. Da allora la situazione è la seguente: Lucentis diventa l’unico farmaco con indicazione “espressa” per la cura della maculopatia ed Avastin, invece, resta farmaco off-label  nonostante l’equivalenza dei due farmaci sia per efficacia che per sicurezza (numero di complicazioni dovute al loro utilizzo) - spiega Matteo Piovella, Presidente della SOI.Negli Stati Uniti, Avastin viene utilizzato nel 60% dei pazienti. In Inghilterra e Germania nel 40% in Spagna ed in Italia (fino ad oggi) nel 90% dei casi.In Italia, però la situazione è destinata a cambiare radicalmente e nel 2013, a causa di una complessità di sistema che governa il settore sanitario, si dovranno reperire oltre 400 milioni di euro per far fronte all’esigenza sanitaria della popolazione affetta da maculopatia legata all’età e passare dall’utilizzo di Avastin a quello del Lucentis.Numeri che sono destinati ad accrescere ulteriormente, con l’approvazione di Lucentis per la cura dell’edema maculare diabetico. I diabetici clinici o pre-clinici sono 5 milioni in Italia e quindi di conseguenza triplicherà l’uso di Lucentis.Invero l’unica differenza tra i due farmaci è che il Lucentis presenta un prezzo al pubblico 60 volte maggiore rispetto ad Avastin: a parità di quantità Avastin costa 20 euro mentre Lucentis ne costa 1200 euro. Per questo, il SSN dovrà reperire oltre 1 miliardo di euro solo per il 2013 o, in alternativa, decidere di impedire a tutti i pazienti l’accesso alle cure di cui necessitano.Appoggiamo l’iniziativa della SOI  a tutela dei pazienti affetti dalla maculopatia – dichiara Pietro Giordano, Segretario Generale Adiconsum – Chiediamo all’AIFA di attivarsi e di fare chiarezza al più presto, perché in gioco c’è la salute di 200.000 pazienti.

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